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Via Lauretana - Camminare nella Bellezza

La Via Lauretana insiste su una direttice etrusco-romana, divenuta in seguito un’importante via di pellegrinaggio in direzione della Santa Casa di Loreto.
La strada, molto transitata fino ai secoli XV, XVI e XVII, da Siena si staccava dalla Via Francigena per giungere fino a Camucia, ai piedi di Cortona, per poi dirigersi verso l’Umbria e, valicando gli Appennini, arrivare a Loreto, nelle Marche.

A differenza della vicina via Francigena, che ha continuato ad essere percorsa anche nei tempi moderni da chi si recava a Roma, la Lauretana senese-aretina, cammino essenzialmente devozionale, ha perso nei secoli viandanti e pellegrini di lungo percorso, che hanno scelto nuove strade per raggiungere la meta.

Nel tratto che congiunge Siena a Cortona, la Lauretana attraversa paesaggi di rara bellezza e luoghi ricchi di storia: percorrerla in bicicletta regala sorprese ed emozioni.

Usciti da Siena ci si trova nel mare d’argilla delle Crete senesi, dove si pedala in un orizzonte di colline dai colori mutanti secondo le stagioni, e si incontrano sorprendenti e suggestive installazioni moderne, antiche fortezze e monasteri.

Si entra, poi, in Val di Chiana, sfiorando la Val d’Orcia, per trovarsi immersi tra oasi naturali e opere ingegneristiche che hanno cambiato paesaggio ed economia di queste terre, il cui potenziale era già conosciuto da un popolo affascinante e misterioso come gli Etruschi, di cui il percorso incontra spesso le tracce.

Camminare sulla Lauretana sarà un viaggio emozionante, pieno di scoperte, sempre immersi nella bellezza, attraversando luoghi meravigliosi come Siena, Asciano, Rapolano Terme, Sinalunga, Torrita di Siena, Montepulciano e Cortona.

Aree Attraversate

Di Siena e della sua armoniosa bellezza, hanno scritto in tanti, in tutti i tempi, ed è difficile inventarsi parole nuove per descriverne il fascino, soprattutto se non si è poeti. L’UNESCO l’ha dichiarata nel 1995 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

José Saramago, scrittore portoghese e premio Nobel, era innamorato della Città e le ha dedicato parole che la descrivono con pennellate di emozione e passione profonde:

“Ed ecco Siena, la beneamata, la città dove il mio cuore si compiace veramente”. “Le tre colline su cui è costruita ne fanno una città dove non esistono due strade uguali, tutte contrarie ad assoggettarsi a qualsiasi geometria”. “Questo meraviglioso colore, il colore del corpo brunito dal sole, ma che è anche il colore della crosta del pane di granturco, questo colore meraviglioso va dalle pietre alla strada e ai tetti, addolcisce la luce del sole e si cancella dal viso le ansie e i timori”.

“Non può esservi nulla di più bello di questa città”. Piazza del Campo “una piazza inclinata e curva come una conchiglia, che i costruttori non vollero spianare ed è rimasta così, come se fosse un grembo”.

“Guardo i vecchi palazzi di Siena, case antichissime dove vorrei poter vivere un giorno, con una finestra tutta mia, affacciata sui tetti color argilla, sulle persiane verdi delle finestre, come nel tentativo di decifrare da dove venga questo segreto che Siena mormora e che io continuerò a sentire, benché non lo capisca, fino alla fine della vita”.

Le Crete Senesi sono paesaggio di terra. Pioggia e vento hanno modellato e disegnato le colline d’argilla come lo scorrere del tempo su un volto le rughe: asprezza e dolcezza, rotondità e spigoli, solchi profondi e leggeri pendii, i segni di una lunghissima vita vissuta intensamente.

Le Crete Senesi sono paesaggio di mare quando, verde d’erba, carezzata dal vento la distesa di colline sembra muoversi: onde, a perdita d’occhio, fino all’orizzonte. Un’illusione di infinito, uno spazio cristallizzato e immobile, che estrania l’anima. Poi… si alza un vento più forte e le nuvole corrono cambiando i colori al paesaggio, si muove un gregge, si riflette il sole sulla finestra di un isolato podere con accanto un cipresso, si aprono sterrati come cicatrici nel verde.

Luoghi ideali se si cerca di allontanarsi dal mondo, come fece Giovanni Tolomei, di importante e ricca famiglia senese, che nel 1313 trovò il suo luogo nel “deserto di Accona”, dove fondò l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, non lontano dal tracciato della Via Francigena che si snodava più a valle, dove l’acqua muoveva mulini e dava all’uomo i mezzi per vincere la natura.

Una valle che si è formata dallo stratificarsi dei passaggi dell’uomo, della sua storia, dell’arte, dell’ingegno.

Tracce leggibili lasciate fin dalla preistoria, poi dagli Etruschi, che a lungo hanno dominato queste terre e lasciato testimonianze eccezionali, non solo in necropoli ma anche in città e in opere straordinarie come nel labirinto di Porsenna. Poi castelli e fortezze medievali e bellissime città ingentilite dal fiorire delle arti nel Rinascimento: piazze, strade e palazzi, che è facile immaginare vivaci e animati, scenario di dotte conversazioni tra umanisti, scambi di mercanti, artisti di strada, teatranti e poeti. E una campagna mutata nel tempo che è oggi produttiva e famosa per alcune eccellenze, quali vini “nobili” e carni pregiate, di una razza bovina autoctona, conosciuta da 2.000 anni ed ancora allevata in modo rigoroso e amorevole per la tutela di un vero e proprio simbolo di questa terra, il “gigante bianco”.

L’altro elemento caratterizzante la Val di Chiana, ancora una volta indissolubilmente legato all’uomo e alla sua storia, è l’acqua. L’acqua dei “chiari”, i laghi, specchi del cielo per gli etruschi, residui della palude che caratterizzava la valle ed oggi preziose riserve naturali. Proprio nella bonifica della palude si è espresso al massimo l’ingegno dell’uomo, nel trasformare un luogo inospitale e malsano in una valle fertilissima, cambiando l’economia della zona e la vita e la storia degli abitanti. Gli interventi ingegneristici e idraulici , le scelte architettoniche delle e nelle costruzioni dell’epoca della bonifica, hanno modificato, caratterizzandolo, anche il paesaggio, rendendolo, in qualche modo, unico.

Archeologicamente è documentata una presenza etrusca almeno fin dal tardo villanoviano. Tra l’VIII e il VII secolo a.C., Cortona divenne un’importante lucumonia etrusca. Molto probabilmente, Cortona divenne una città molto potente grazie alla sua posizione strategica, che permetteva un ampio controllo dei territori che facevano parte della lucumonia. Nel IV secolo a.C. furono costruite proprio dagli Etruschi le imponenti mura che circondano la città per circa tre chilometri, le tombe nobiliari “a melone” sparse nei dintorni della città e il monumentale altare funerario adornato da sfingi, esempio unico in Italia. A Cortona è stata ritrovata anche la Tabula Cortonensis, una lamina bronzea con una delle più lunghe iscrizioni in lingua etrusca.

Nel 310 a.C. molte città etrusche furono sottomesse a Roma, compresa Cortona, dopo la battaglia del Trasimeno. Nel 450 d.C. i Goti occuparono Cortona, decretandone la definitiva decadenza.

Dal XIII secolo in poi la città fu un libero comune, governato da un podestà, alleata con Perugia per difendersi dagli aretini durante le lotte tra guelfi e ghibellini che caratterizzarono la storia duecentesca di Cortona.

Nel 1411 Cortona entra a far parte della Repubblica fiorentina, e nel 1509, dopo un secolo di tranquillità, finisce nel mezzo della guerra tra l’esercito spagnolo e Firenze tanto che Cosimo I de’ Medici decide la costruzione della fortezza del Girifalco nel 1549. Dal punto di vista artistico la città vive una stagione importante grazie ai soggiorni del Beato Angelico e, sul volgere del secolo seguente, per la presenza del cortonese Luca Signorelli, tra i massimi pittori rinascimentali della sua epoca.

Gli Asburgo-Lorena, succeduti all’inizio del ‘700 ai medici come Granduchi di Toscana, opereranno imponenti bonifiche alla campagna cortonese, migliorando le infrastrutture civili.