Appuntamento nel Salotto di Strade di Siena con Emilio Previtali
Silvia Livoni
Capita a volte che la bicicletta ci porti a pedalare fuori dai confini toscani ed è bello scoprire che il Salotto di Siena non conosce confini, che tra la Lombardia e l’Emilia Romagna le Strade di Siena hanno un sapore che unisce persone, ricordi ed esperienze in una magnifica contaminazione di chi ama le due ruote.
Leggere i suoi editoriali su Rouleur, i suoi articoli e racconti, permette di guardare, e quindi vedere, con occhi da esploratore e non importa se scalando o pedalando, ci immedesimiamo percependo l’anima di luoghi e di storie.
SdS: Ti ricordi la tua prima bicicletta?
Emilio Previtali: Sì, me la ricordo. Facevo la seconda elementare ed era una bicicletta da cross di colore verde, una Bonfanti arrivata per la festa di S. Lucia il 12 dicembre, da noi a Bergamo ai bambini i regali arrivano in quel giorno lì, non a Natale. Avrei voluto una Saltafoss, una di quelle da cross con ammortizzatori veri e funzionanti ma era bella anche la mia, anche se gli ammortizzatori erano finti, due spirali di metallo avvolto attorno alle forcelle. Mi facevano un po’ tristezza ma poi mi sono abituato.
Mi fa piacere anche ricordare la prima bici vera, da adulto, una Bianchi Ghisallo da strada acquistata di seconda mano, l’aveva vinta il mio vicino ci casa a una lotteria e praticamente mai usata. Blu metallizzata, 200mila lire, ce l’ho ancora in cantina a casa di mia mamma. È bello sapere che è ancora là. In realtà inizialmente aveva il manubrio “sport” e i parafanghi ma mio papà, ciclista e alpinista anche lui, mi aveva accontentato e l’avevamo trasformata subito in una bici da corsa. Con quella bici a partire dai 13 anni ho fatto, insieme a lui, numerosi raid cicloturistici (raid, così li chiamavamo) in sé e giù per l’Italia, un paio di migliaia di chilometri ogni estate di viaggio. Alberghi niente, si dormiva in tenda con il sacco a pelo, che trasportavamo nelle borse laterali insieme al fornello per preparare da mangiare. Ristoranti, niente. Record di percorrenza nell’anno della terza media, 278 km tra Sasso Marconi, vicino a Bologna, e casa mia. Diciamo che nella famiglia Previtali il concetto di “gradualità dello sforzo” era un po’ aleatorio.
SdS: Che tipo di ciclista sei?
Emilio Previtali: Mi definirei un “bipolare felice”. Mi piace andare adagio e godermela, fare dei lunghi giri e stare in sella anche per una giornata intera, ma mi piace anche allenarmi facendo le ripetute alla soglia e pedalare su delle bici da cronometro andando al massimo delle mie capacità. L’idea del ciclismo lento quindi, mi piace e non mi piace, a secondo dei casi. Diciamo che soprattutto non mi piace il “ciclismo parlato” al bar. Sono un po’ un nerd dell’allenamento e quello dipende dalla mia formazione, ho studiato all’ISEF e per me la bici è oltre che un modo per evadere e per essere libero, anche un modo per conoscermi e mettermi alla prova.
La risposta breve è che sono un disadattato del ciclismo.
SdS: Andare in bicicletta per te è?
Emilio Previtali: Libertà e niente in tasca.
SdS: Solitamente pedali solo, in coppia o con amici?
Emilio Previtali: Mi piace moltissimo pedalare da solo, per me la bici è un modo di pensare e da soli si pensa meglio. In coppia anche, bellissimo, ma serve affidamento e complicità. Sono uno a cui piace passare delle giornate intere senza dire neanche una parola e se lo fai andando in bici da solo non metti in imbarazzo nessuno. Poi mi piace anche andare in bicicletta con gli amici ma di solito nei gruppi numerosi, non mi diverto.
SdS: Che itinerari hai già pedalato nella provincia senese e che percorsi vorresti scoprire?
Emilio Previtali: Ci sono stato per le Strade Bianche e poi a ripetere varie volte alcuni tratti che mi erano particolarmente piaciuti. Poi sono stato da Firenze a Roma lungo la Francigena aggiungendo molte varianti sterrate e in provincia di Siena ho girato in lungo e in largo, facendo molte deviazioni divertenti. Per quel che riguarda lo scoprire, per me la bicicletta è esplorazione, mi piace navigare a naso, senza GPS o tracce, o compagni di pedalata che hanno paura di perdersi, semplicemente chiedo informazioni alla gente che incontro e quindi in linea di massima a ogni bivio a cui arrivo, scelgo sempre la strada che non conosco.
SdS: Hai una routine quando esci in bici?
Emilio Previtali: Prepararsi a una uscita è un rito ma anche un rompimento di scatole, io non sono uno a cui piace tirarla tanto per le lunghe. Mi piace quando con il procedere della stagione il vestirsi e prepararsi diventa un processo automatico, sempre più veloce e sempre meno macchinoso. Mi piace avere la bicicletta perfettamente pulita, se non è pulita prima di cominciare a pedalare gli do una lavata. Mi piace bere un caffè prima di cominciare e poi pedalare varie ore senza mai mettere piede a terra. Odio le interruzioni continue, le attese, i telefoni che squillano, quelli che devono tornare a casa presto che hanno il pranzo con la zia. Amo invece le uscite che vanno così per le lunghe che quando arrivi a casa fa quasi buio e tu sei ancora in maglietta.
SdS: Cibi e vini abbinati alla bicicletta?
Emilio Previtali: Il mio essere un ciclista “bipolare” mi porta a tenere separate le due cose: quando pedalo, mi piace pedalare e vado a acqua e se necessario barrette o gel, se faccio sosta una fetta di torta alle mele e un espresso. Quando mi fermo per mangiare invece, dopo la pedalata, di biciclette, di cibo energetico e abbigliamento da ciclista o di ciclismo non voglio nemmeno sentire parlare. Più che il vino mi piace gustarmi una birra fresca, ho una predilezione per le Weißbier o per le IPA. Quanto al cibo, dipendesse da me camperei ad affettati, amo lo speck, il prosciutto crudo e il pane casereccio.
SdS: Quali sensazioni ed emozioni caratterizzano le tue uscite in bici?
Emilio Previtali: La bicicletta è una macchina paradossale: puoi fare tanta strada facendo meno sforzo che camminare, oppure ti puoi massacrare consapevolmente di fatica per andare molto-molto veloce. Mi piacciono tutte e due le cose, il ronzio della ruota libera e la sensazione di potenza del rapportone.
Per me andare in bicicletta è come ascoltare della musica, nessun essere umano di buon senso ascolta sempre e solo lo stesso genere. Molto dipende dallo stato d’animo ma è vero anche il contrario, che la bicicletta è in grado di cambiare il mio umore. Certe volte esco per un giro in bici che sono nervoso e arrabbiato e torno a casa che il mondo mi sembra una cosa diversa rispetto a quando sono partito. Certe invece volte esco che sono mezzo rimbambito e stanco e vorrei starmene a casa, e poi quando torno ho voglia di fare e mille idee che mi frullano in testa. Quando pedalo il mio cervello funziona in modo diverso, ho il sospetto che quello che pedala sia un altro me. Io, siamo in due. La bicicletta è magica.