Dante sulla Francigena – San Gimignano
Passeggiando oggi fra le vie della “Manhattan del medioevo” ci troviamo di fronte ad uno scenario non troppo diverso da quello visto da Dante che nel maggio del 1300, giunse e soggiornò a San Gimignano in veste di ambasciatore della Repubblica fiorentina.
Esattamente il 7 maggio 1300 il Sommo Poeta venne accolto dai Consiglieri Comunali e dal Podestà Mino dei Tolomei: davanti a loro perorò la causa della Lega guelfa in Toscana, incitandoli prendervene parte.
Tale ambasceria avvenne all’interno del Palazzo Pubblico dove si radunava il Consiglio Comunale. Ancora oggi tale sala è chiamata la “Sala di Dante”.
Si tratta di una delle stanze più famose all’interno del Palazzo ed è decorata con un curioso ciclo di affreschi della fine del Duecento raffiguranti Tornei di cavalieri e scene di caccia dedicate a Carlo d’Angiò, presentato in trono nella parete di fronte all’ingresso, mentre alcuni personaggi gli rendono omaggio con il dono del falco. Le pitture sono attribuite al pittore fiorentino Azzo di Masetto. Sulla parete destra è dipinta la Madonna in Maestà di Lippo Memmi eseguita nel 1317.
Ma anche in un’altra stanza del Palazzo Comunale possiamo trovare un riferimento alla Divina Commedia. Si tratta della “Camera del Podestà” dove, tra il 1305 e il 1311 Memmo di Filippuccio realizzò alcuni affreschi tutti incentrati sul tema dell’amore: Tra i personaggi raffigurati sono presenti gli amanti “Paolo e Francesca” simboli dell’Amore infelice.
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,/ mi prese del costui piacer sì forte,/ che, come vedi, ancor non m’abbandona”
Inferno canto V, vv.103-105
Amore che, a nessuno che sia amato permette di non riamare, mi fece innamorare della bellezza di costui così intensamente che, vedi ancor non mi abbandona.
Durante il soggiorno sangimignanese vogliamo immaginare Dante insieme al “collega” Folgore da San Gimignano (famoso poeta per aver scritto una serie di sonetti dedicati ai mesi dell’anno, ai giorni della settimana e alcuni sonetti politici) a passeggiare tra le vie del borgo e a mangiare in qualche osteria. Sopra la loro tavola saranno stati presenti cibi speziati con lo zafferano* e l’ottimo vino tipico di questa terra, ovvero la vernaccia di San Gimignano**. Probabilmente Dante rimase colpito dal gusto della vernaccia di San Gimignano dato che è l’unico vino citato nella Divina Commedia in cui si narra la pena inflitta a Papa Martino IV, che doveva scontare i suoi peccati di gola.
“…ebbe la Santa Chiesa e le sue braccia:/dal Torso fu, e purga per digiuno/ le anguille di Bolsena e la Vernaccia ”.
Purgatorio canto XXIV, vv. 22-24
Martino IV fu sposo della Chiesa (cioè pontefice) e tesoriere della cattedrale di Tours. Amava cibarsi di anguille di Bolsena affogate nella Vernaccia
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*Zafferano – https://www.zafferanodisangimignano.it/
A San Gimignano la coltivazione dello zafferano è storicamente accertata fin dal 1200. I documenti più antichi indicano anche le famiglie coinvolte nella produzione e nella commercializzazione. I guadagni che derivavano da queste attività erano talmente elevati (non a caso veniva definito “l’oro di San Gimignano”) da fare la fortuna di tante casate, alcune delle quali decisero di impiegarli anche nella costruzione delle famose torri.
** Vernaccia di San Gimignano – http://www.vernaccia.it/
Nessun vino italiano può vantare una storia lunga secoli come la Vernaccia di San Gimignano.
Alla fine del Duecento appare in Europa sulle mense dei re, dei papi, dei ricchi mercanti.