Luogo di culto tra i più importanti della città, la basilica di San Francesco custodisce e vede perpetuarsi da quasi trecento anni ciò che dalla Chiesa cattolica viene definito miracolo eucaristico permanente, ovvero un evento prodigioso ancora in atto che coinvolge l’Eucaristia.
La sera del 14 agosto 1730 i frati minori conventuali di San Francesco collocarono una pisside in argento con 351 particole consacrate all’interno del tabernacolo di una delle cappelle della basilica – quella intitolata a sant’Antonio – e poi, come ogni anno, chiusero la porta della chiesa e si recarono in cattedrale, insieme a tutta la popolazione senese, per la celebrazione dei vespri della vigilia della festa della Madonna Assunta. L’indomani, durante la celebrazione eucaristica, si scoprì il terribile misfatto: la pisside con le particole era stata rubata. La notizia del gesto sacrilego si diffuse in tutta la città e quel giorno, da sempre caratterizzato da grande gioia per la festa dell’Assunta, fu segnato da uno sgomento così profondo che si decise perfino di non correre il palio del 16 agosto.
Iniziò da subito una ricerca condotta dalle autorità civili e religiose fino a quando, il 17 agosto, nella vicina collegiata di Santa Maria in Provenzano, durante la messa un chierico intravide casualmente qualcosa di bianco dentro alla cassetta delle elemosine; riferitolo al sagrestano e fatti accorrere l’Arcivescovo Alessandro Zondadari e il vicario generale, la cassetta venne aperta e all’interno furono ritrovate le particole. Una volta esaminate e identificate come quelle rubate, la città si sentì finalmente liberata da un peso e tutto il popolo accorse ad omaggiarle. Fu organizzata così una processione solenne e in un tripudio di canti e preghiere, accompagnate da una folla immensa, le particole vennero riportate a San Francesco, dove si pose la questione di cosa farne. I frati non le volevano distruggere poiché erano state consacrate e contenevano quindi la presenza di Cristo, ma non potevano neppure utilizzarle perché erano state per giorni dentro ad una cassetta sporca, tra denari e polvere. Si decise quindi di lasciar fare il proprio corso alla natura, aspettando che si deteriorassero da sole. Da allora sono passati quasi tre secoli e quelle particole, contro ogni legge chimica e biologica, si conservano ancora miracolosamente intatte.
Aree Attraversate
Di Siena e della sua armoniosa bellezza, hanno scritto in tanti, in tutti i tempi, ed è difficile inventarsi parole nuove per descriverne il fascino, soprattutto se non si è poeti. L’UNESCO l’ha dichiarata nel 1995 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
José Saramago, scrittore portoghese e premio Nobel, era innamorato della Città e le ha dedicato parole che la descrivono con pennellate di emozione e passione profonde:
“Ed ecco Siena, la beneamata, la città dove il mio cuore si compiace veramente”. “Le tre colline su cui è costruita ne fanno una città dove non esistono due strade uguali, tutte contrarie ad assoggettarsi a qualsiasi geometria”. “Questo meraviglioso colore, il colore del corpo brunito dal sole, ma che è anche il colore della crosta del pane di granturco, questo colore meraviglioso va dalle pietre alla strada e ai tetti, addolcisce la luce del sole e si cancella dal viso le ansie e i timori”.
“Non può esservi nulla di più bello di questa città”. Piazza del Campo “una piazza inclinata e curva come una conchiglia, che i costruttori non vollero spianare ed è rimasta così, come se fosse un grembo”.
“Guardo i vecchi palazzi di Siena, case antichissime dove vorrei poter vivere un giorno, con una finestra tutta mia, affacciata sui tetti color argilla, sulle persiane verdi delle finestre, come nel tentativo di decifrare da dove venga questo segreto che Siena mormora e che io continuerò a sentire, benché non lo capisca, fino alla fine della vita”.