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Nel Cuore del Chianti

La partenza di questo itinerario avviene uscendo da Porta Ovile che è una delle antiche porte monumentali di Siena. Edificata nel XIII secolo fu ristrutturata in epoca rinascimentale.
Proseguendo per Ponte a Bozzone, la strada è costeggiata da casolari ristrutturati, qualche villa padronale e rare case coloniche in rovina, testimonianze, queste ultime, di un mondo che a metà Novecento fece sofferte scelte di lasciare la campagna per la città.
Poi, per Pievasciata, la strada è bellissima, Ci troviamo di fronte ad una geometrica alternanza di spazi coltivati ed aree boschive che conferisce al panorama quel tratto caratteristico di questa terra eletta a patria del vino e dell’olio.
La Villa di Geggiano ed il suo prezioso giardino, dichiarati monumento nazionale, rappresentano un complesso storico e paesaggistico molto raro. Tutt’altra atmosfera si respira quando giungiamo al sito del Cerretaccio, conosciuto fin dal 1087, che per secoli, con alterne fortune, difese in quest’area i confini della Repubblica senese. Data la posizione, il Cerretaccio è stato anche luogo di rifugio di briganti ed esuli senesi.
La Pieve di San Giovanni Battista a Pievasciata, di chiaro impianto romanico è una vera sorpresa per i visitatori.
Ci troviamo nel cuore dell’area di produzione del Chianti Classico Gallo Nero, a cavallo dei comuni di Castelnuovo Berardenga e Gaiole in Chianti.
Pedalando lentamente e con intensità spirituale, ci rendiamo conto del perché il territorio del Chianti è così apprezzato e non solo per il suo vino. Qua e là è punteggiato di castelli, case un tempo coloniche oggi ristrutturate con assoluta maestria, aziende agrituristiche e minuscoli borghi collegati tra loro dal reticolo di strade sterrate che si dipanano in ogni dove e lungo le quali il linguaggio della religiosità popolare si manifesta curva dopo curva con piccoli oratori, chiesette, croci di legno, tabernacoli, madonnini. Una religiosità figlia di una società di “uomini e donne qualunque” che abitavano una terra faticosa, che fino a qualche decennio fa era “lontana”, chiusa in se stessa.

Aree Attraversate

Di Siena e della sua armoniosa bellezza, hanno scritto in tanti, in tutti i tempi, ed è difficile inventarsi parole nuove per descriverne il fascino, soprattutto se non si è poeti. L’UNESCO l’ha dichiarata nel 1995 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

José Saramago, scrittore portoghese e premio Nobel, era innamorato della Città e le ha dedicato parole che la descrivono con pennellate di emozione e passione profonde:

“Ed ecco Siena, la beneamata, la città dove il mio cuore si compiace veramente”. “Le tre colline su cui è costruita ne fanno una città dove non esistono due strade uguali, tutte contrarie ad assoggettarsi a qualsiasi geometria”. “Questo meraviglioso colore, il colore del corpo brunito dal sole, ma che è anche il colore della crosta del pane di granturco, questo colore meraviglioso va dalle pietre alla strada e ai tetti, addolcisce la luce del sole e si cancella dal viso le ansie e i timori”.

“Non può esservi nulla di più bello di questa città”. Piazza del Campo “una piazza inclinata e curva come una conchiglia, che i costruttori non vollero spianare ed è rimasta così, come se fosse un grembo”.

“Guardo i vecchi palazzi di Siena, case antichissime dove vorrei poter vivere un giorno, con una finestra tutta mia, affacciata sui tetti color argilla, sulle persiane verdi delle finestre, come nel tentativo di decifrare da dove venga questo segreto che Siena mormora e che io continuerò a sentire, benché non lo capisca, fino alla fine della vita”.

Una campagna, quella chiantigiana, diventata icona stessa di un paesaggio quasi ideale: alternarsi di colline fitte di boschi, di ordinati filari di vigne, di pennellate argentee di olivete. Nel replicarsi del disegno occhieggiano, alla sommità dei colli, i “poderi”, casolari con logge e piccionaie, e serpeggiano sterrati definiti da muretti e svettanti cipressi.

Imponenti ville, castelli, badie e pievi, piccoli paesi animati da secoli di genti che hanno vissuto e fatto questi luoghi.

Questo paesaggio, conosciuto e riconosciuto nel mondo, dal medioevo ad oggi l’ha disegnato l’uomo con il sudore, il lavoro e l’amore, creando un luogo a misura dei propri bisogni, senza spremere o sfruttare la terra ma assecondandone la generosità e raffinando, con perizia e ingegno, la produzione dei suoi frutti più preziosi: l’uva e l’oliva.

Ne nascono vini robusti dal sapore rotondo e intenso e un olio saporito e asprigno che esaltano i sapidi piatti di una cucina ancora ricca di prodotti dell’orto, del cortile e della caccia, come da sempre nella tradizione contadina che era, ed è, artefice di una cultura radicata in questa terra, ancora riconoscibile e unica.