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Una Bellezza Eclettica

Usciti da Porta Pispini, possiamo ammirare la possenza della cinta muraria trecentesca che conduce a Porta Ovile e l’imponente bastione fortificato del XVI secolo, opera di Baldassarre Peruzzi, ingegnere militare e architetto senese che lasciò a Siena e in altre città italiane le testimonianze del suo lavoro.

Poi Porta Ovile ed a seguire l’elegante Stazione ferroviaria: nell’intento di chi l’ha progettata questa opera architettonica ha l’obiettivo di richiamare, in forme nuove e moderne, le caratteristiche di Palazzo Pubblico. Purtroppo l’elegante complesso ferroviario viene snaturato in gran parte con la ricostruzione post bellica (la stazione viene bombardata il 23 gennaio 1944, come la basilica dell’Osservanza).

Verso il Chianti Senese, il panorama si apre, vasto, in un contesto in cui la campagna coltivata domina incontrastata. Siena è solo a qualche chilometro, la si intravede ancora all’orizzonte dietro a qualche curva. Da qui possiamo spaziare su gran parte del territorio della provincia di Siena: ad ovest il dolce profilo della Montagnola Senese, più lontani il Poggio di Montieri e le Cornate di Gerfalco, a sud l’Amiata, il poggio di Radicofani e il Monte Cetona, ad ovest la vicina catena del Chianti e più lontano il Pratomagno.

Incontriamo la Certosa di Pontignano, un complesso, questo, dalla bellezza eclettica, come si può leggere sul Sito Ufficiale di Ambito Turistico Chianti, in virtù delle sue diverse rilevanze: la chiesa, la canonica, i chiostri, il giardino.

Poi da Monteliscai, un tempo castello della Repubblica Senese, già citato nei documenti fin dal 1101, verso la chiesa di San Giorgio a Lapi, che si erge in alto. Nei pressi della chiesa, inizia un tratto di sterrato, il penultimo che i ciclisti professionisti percorrono, in senso opposto, nell’ormai famosa gara world tour “Strade Bianche” che parte e arriva a Siena.

E’ proprio lungo questi ultimi chilometri di strada bianca che si può ammirare il paesaggio agricolo del contado prossimo alla città di Siena, così ricco di filari alberati, di ciò che rimane dei vecchi terrazzamenti e dei muretti a secco, che un tempo delimitavano proprietà e strade, di appezzamenti a vigneto e oliveto che ancora si alternano a porzioni boschive più o meno ampie.

Aree Attraversate

Di Siena e della sua armoniosa bellezza, hanno scritto in tanti, in tutti i tempi, ed è difficile inventarsi parole nuove per descriverne il fascino, soprattutto se non si è poeti. L’UNESCO l’ha dichiarata nel 1995 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

José Saramago, scrittore portoghese e premio Nobel, era innamorato della Città e le ha dedicato parole che la descrivono con pennellate di emozione e passione profonde:

“Ed ecco Siena, la beneamata, la città dove il mio cuore si compiace veramente”. “Le tre colline su cui è costruita ne fanno una città dove non esistono due strade uguali, tutte contrarie ad assoggettarsi a qualsiasi geometria”. “Questo meraviglioso colore, il colore del corpo brunito dal sole, ma che è anche il colore della crosta del pane di granturco, questo colore meraviglioso va dalle pietre alla strada e ai tetti, addolcisce la luce del sole e si cancella dal viso le ansie e i timori”.

“Non può esservi nulla di più bello di questa città”. Piazza del Campo “una piazza inclinata e curva come una conchiglia, che i costruttori non vollero spianare ed è rimasta così, come se fosse un grembo”.

“Guardo i vecchi palazzi di Siena, case antichissime dove vorrei poter vivere un giorno, con una finestra tutta mia, affacciata sui tetti color argilla, sulle persiane verdi delle finestre, come nel tentativo di decifrare da dove venga questo segreto che Siena mormora e che io continuerò a sentire, benché non lo capisca, fino alla fine della vita”.

Una campagna, quella chiantigiana, diventata icona stessa di un paesaggio quasi ideale: alternarsi di colline fitte di boschi, di ordinati filari di vigne, di pennellate argentee di olivete. Nel replicarsi del disegno occhieggiano, alla sommità dei colli, i “poderi”, casolari con logge e piccionaie, e serpeggiano sterrati definiti da muretti e svettanti cipressi.

Imponenti ville, castelli, badie e pievi, piccoli paesi animati da secoli di genti che hanno vissuto e fatto questi luoghi.

Questo paesaggio, conosciuto e riconosciuto nel mondo, dal medioevo ad oggi l’ha disegnato l’uomo con il sudore, il lavoro e l’amore, creando un luogo a misura dei propri bisogni, senza spremere o sfruttare la terra ma assecondandone la generosità e raffinando, con perizia e ingegno, la produzione dei suoi frutti più preziosi: l’uva e l’oliva.

Ne nascono vini robusti dal sapore rotondo e intenso e un olio saporito e asprigno che esaltano i sapidi piatti di una cucina ancora ricca di prodotti dell’orto, del cortile e della caccia, come da sempre nella tradizione contadina che era, ed è, artefice di una cultura radicata in questa terra, ancora riconoscibile e unica.